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Patti sotto Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

3 Aprile 2015 Idee e Attualità Libri


Da poche ore il mondo intero festeggia i due pontefici, Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) e Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła), che sono stati proclamati Santi nel corso di una lunga e storica cerimonia presieduta da papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) alla presenza anche del pontefice emerito Joseph Aloisius Ratzinger.
Per l’occasione ho pensato di stilare una brevissima disamina di quanto accadeva nella diocesi di Patti in quegli anni, dal 1958 al 2005, non tralasciando di ricordare le visite di entrambi i santi uomini a Tindari; Roncalli –ancora cardinale- il 25 maggio 1923 e Wojtyła il 12 giugno 1988.

L’ascesa al soglio pontificio di Roncalli vede vescovo residenziale della sede di Patti, nominato da Pio XII da poco più di un anno, Mons. Giuseppe Pullano, già dallo stesso pontefice investito, il 2 marzo del 1955,amministratore apostolico sede plena della diocesi di Patti e, ancor prima, il 22 aprile del 1953 nominato vescovo titolare di Uzali e coadiutore sedi datus della sede vescovile di Patti.
Pullano, nato in provincia di Catanzaro nel 1907 da una modesta famiglia, manifesta la sua vocazione in tenera età e già nel 1918 viene mandato nel seminario diocesano di Catanzaro.
Dopo aver concluso i suoi studi filosofici e teologici, viene finalmente ordinato sacerdote nell’agosto del 1930.
La carriera di Mons. Pullano è tanto anomala quanto rapidissima. Quest’anomalia è tuttavia subito spiegata grazie ad un solo dato; in nome del suo predecessore: Mons. Angelo Ficarra.
Mons. Angelo Ficarra, uomo straordinariamente moderno considerati i tempi, di indole profondamente meditativa e dedito alla preghiera, era uno studioso instancabile; noto nell’ambiente ecclesiastico soprattutto per i suoi studi su San Girolamo. La sua concezione pastorale che poneva in primo piano il valore di “servizio” della Chiesa, distante dal potere secolare e lontanissimo dalla vita politica, gli attirò sin da subito antipatie ed ostilità, in special modo ricordiamo la dura reprimenda dell’allora cardinale Pacelli – poi Pio XII- perché, fedele al divieto di proiettare film durante le festività religiose, impedì la proiezione di un documentario sulla visita di Mussolini in Sicilia.
Ben altro scalpore suscitò nel 1950 l’appoggio di Ficarra ad un documento contro la proliferazione nucleare promosso dal premio Nobel – ma comunista –  Frédéric Joliot-Curie, sfidando così apertamente la scomunica di Pio XII verso i comunisti.
Nel mentre il pio uomo si attirava anche le ire dei vertici locali della DC, che lo consideravano responsabile della sconfitta elettorale del 1948 (DC 48.000 voti Fronte Democratico 12.500 voti altri partiti 50.000 voti).
Era ormai guerra aperta e, con il pretesto di un testo eterodosso peraltro inedito sugli aspetti paganeggiati di alcune processioni e rituali e dunque sull’irreligiosità dei suoi diocesani, la Sacra Congregazione Concistoriale guidata dal card. Piazza lo prese particolarmente di mira chiedendone invano le dimissioni e ponendolo poi sotto tutela, affiancandogli un ausiliare non richiesto e di chiara indole pacelliana; appunto Mons. Pullano.
I documenti ufficiali di tutta questa vicenda – nonostante il gran tempo trascorso – sono tuttora secretati e pertanto inaccessibili presso gli Archivi Vaticani. A gettare un po’ di luce sugli eventi contribuisce il saggio “Dalle parti degli infedeli” di Leonardo Sciascia, breve testo nel quale il noto autore di Racalmuto divulga in parte il carteggio intercorso fra Mons. Angelo Ficarra e Sacra Congregazione Concistoriale.
Ciò che possiamo desumerne oggi è un complesso intrigo di indagini in stile poliziesco condotte con approssimazione sulla base di insuccessi elettorali, di lettere anonime e di forti antipatie prima di Pio XII e poi del Card. Piazza.
Di tutt’altro stampo, come detto, Pullano, che esercitava il suo mandato con mano ferma, intransigente e attentissimo ai fatti della politica, tanto da nominare personalmente i candidati alle elezioni. Come Pio XII Pullano era uomo post-tridentino dedito alla difesa delle prerogative della Chiesa e alla ricostruzione – consideriamo i tempi post-bellici che necessitavano di interventi profondi. Quest’attività febbrile portò Mons. Pullano ad erigere numerose opere, fra le quali ricordiamo il nuovo Santuario di Tindari – quasi dieci volte più grande del precedente – con tutti gli annessi (Casa di Accoglienza e dei Convegni, Istituto delle Suore Speranzine, Casa del Pellegrino, Segreteria del Santuario con radio ed ufficio stampa), la ricostruzione e l’ampliamento del Seminario di Patti danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e, contemporaneamente la costruzione del Seminario Estivo di Castell’Umberto, l’erezione delle parrocchie del Sacro Cuore nel Corso Matteotti, di S. Febronia nella frazione di Case Nuove e di S. Giuseppe in Tindari, oltre ad altre dieci parrocchie sparse per la diocesi.
Partecipa poi, fra il 1962 e il 1965, non senza preoccupazione e un certo fastidio, al Concilio Ecumenico Vaticano II voluto da Papa Roncalli e proseguito da Paolo VI, entrambi pontefici profondamente diversi da Pio XII e dunque lontani anche dalla vocazione pastorale di Pullano, decisamente non al passo coi tempi e parecchio problematica.
Tornato in sede ricostruisce il palazzo vescovile colpito da una frana, dà l’avvio all’annuale pellegrinaggio con la gemellata Città di Minori con le reliquie di Santa Febronia e fa innalzare un tempio dedicato alla santa nella contrada Acquasanta oltre a restaurare la chiesetta di Polline (mitico luogo di nascita della fanciulla). D’altra parte la sua formazione teologica si ispirava a modelli controversi come quella di buona parte dei vescovi del tempo. Grande era tuttavia la sua devozione mariana (testimoniata dallo stesso stemma vescovile che Pullano scelsce, utilizzando come motto le parole del Salmista: “Sub umbra alarum tua rum”)Di tutt’altro valore fu il suo contributo alla crescita e allo sviluppo del Seminario e all’educazione di tanti giovani seminaristi.
Mons. Pullano restò in carica per quasi 25 anni, fino alla morte, sopraggiunta all’improvviso il 30 novembre del 1977 presso Sant’Elia di Catanzaro, dove era stato invitato per una manifestazione religiosa.
Troppo recente è invece l’attività del successore, Mons. Carmelo Ferraro, nativo di Santa Croce Camerina e ordinato sacerdote nel 1955. Egli, eletto vescovo di Patti a pochi mesi dall’ascesa al soglio pontificio di Giovanni Paolo II, nel marzo 1978, ha retto la diocesi fino al 3 novembre 1988, anno in cui viene trasferito ad Agrigento. Il 2 dicembre 2000 Papa Giovanni Paolo II erige la sede agrigentina a sede arcivescovile metropolitana con suffraganee le diocesi di Caltanissetta e Piazza Armerina e Carmelo Ferraro diviene il primo arcivescovo metropolita di Agrigento.
Amato dalla comunità e dallo stesso pontefice, l’attuale Arcivescovo Metropolita Emerito di Agrigento è tornato in visita a Patti accolto con calore ma non senza qualche punta di polemica legata al caso Marchese, ex seminarista, vittima di un caso di pedofilia, al quale l’arcivescovo ha chiesto 200.000 euro di risarcimento per i danni che la denuncia dell’abusato avrebbe arrecato all'”immagine” e al “prestigio” della Chiesa di Agrigento.

Attualmente insediato come vescovo di Patti è Mons. Ignazio Zambito, nato a Santo Stefano Quisquina il 25 gennaio del 1942 ed ordinato sacerdote nel 1966. Mons. Zambito può essere considerato come il secondo “Vescovo muratore” di Patti; a lui si devono infatti numerosi lavori di restauro di edifici di culto del centro storico (Sacra Famiglia, Chiesa di S. Ippolito). Altra storia è quella del Convento di S. Francesco, requisito dallo Stato dopo l’Unità d’Italia e recentemente restaurato per via di altri sovvenzionamenti. Ma, a proposito di questo edificio, va ricordato che il suo primo restauro fu operato sotto il Vescovo Napoli nel 1654 e la data della sua erezione è tuttora incerta; sembra infatti che il convento sia stato fondato da S.Antonio da Padova durante il suo secondo viaggio in Sicilia nel 1225, nonostante la lapide, posta dal Vescovo Napoli in cima all’arco dell’ingresso principale, rechi la data 1222.
All’attuale Vescovo si deve anche la costruzione della controversa chiesa concattedrale dedicata ai Santi martiri del XX Secolo nella contrada di San Giovanni; edificio da molti ribattezzato “il fungo verde”.

Armando Di Carlo

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