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Ci risiamo con la giornata della memoria.

27 Gennaio 2023 Senza categoria


La strada per la rovina è lastricata di buone intenzioni osservava Stirner. Una di queste “buone intenzioni” è la giornata della memoria.

Un’iniziativa certamente nata con le migliori intenzioni, ma che, in buona sostanza e paradossalmente, contribuisce più al male che al bene. Queste giornate del ricordo di particolari stragi, siano esse più o meno imponenti, più o meno atroci e variamente “motivate”, ci fanno pensare che si tratti di un unicum nella storia dell’umanità, un qualcosa che non si può più ripetere, il male assoluto, fatto non da noi, ma da uomini diversi, malati, pazzi, in altri tempi, in altri luoghi, distanti, fissi nel tempo e nello spazio.

Un modo come un altro per lavarci la coscienza in buona sostanza, come se il male, le atrocità, l’olocausto, fossero altro dalla nostra società.

Le stragi hanno accompagnato l’uomo nel suo “progresso” e nella sua “civilizzazione” da sempre e anche oggi ve ne sono continuamente, basti pensare ai fatti di Siria, Yemen, Darfur, Iran, Iraq (Curdi), Ucraina, solo per citare i più noti fra i disastri dell’umanità ancora in corso, o alcuni che si stanno svolgendo in sordina, come il genocidio sistematico degli indigeni Yanomami dell’Amazzonia.

I più illustri pensatori di tutti i tempi si sono dovuti cimentare col male, con la strage, con la paura del diverso, con l’odio; persino nei miti di fondazione, nelle fiabe, nelle tragedie greche e latine vi sono stragi di innocenti ed olocausti (il “diluvio universale” non fu un olocausto? Così come la strage degli innocenti voluta da Erode? O, ancora, la strage dei Proci compiuta da Ulisse, che trucidò servi e ancelle al seguito senza batter ciglio?).

Il male, come chiosava brillantemente ed esemplarmente Erich Fromm nel suo monumentale “Anatomia della distruttività umana”, evolve con l’evolversi della “civiltà”, dunque noi non siamo affatto fuori da questa storia; egli scriveva che “soltanto con la crescente produttività e divisione del lavoro, la formazione di ampi surplus e la costruzione di stati con gerarchie ed elites, fecero la loro comparsa la distruttività e la crudeltà su vasta scala[..]”. Come dire, l’uomo primitivo aveva molti meno problemi di aggressività. Egli immagina per l’umanità sorti non facili, un destino votato alla catastrofe, se l’uomo non riuscirà a cambiare strada; ipotizzava comunque una chiusura del cerchio, qualora l’uomo riuscisse a costruire una società al cui interno nessuno si senta minacciato, anche se, continua, realizzare quest’obiettivo appare eccezionalmente difficile per le differenze economiche , politiche, culturali e psicologiche che separano, da che mondo è mondo, gli uomini e le nazioni. Tuttavia l’ipotesi non è impossibile, purché si manifesti “una fede razionale nella capacità umana di districarsi da quella che sembra essere una fatale ragnatala di circostanze create dall’uomo”.

Il punto nodale è uno solo, bisogna cambiare radicalmente, non ricordare, non fare le vittime, non cedere alle paure, alle bombe, ai carri armati, all’odio, all’essere carne da massacro! Bisogna cambiare e realizzare modelli culturali e sociali in funzione dell’uomo e non viceversa, ecco, l’esatto opposto di quanto andava blaterando uno dei falsi miti tanto in voga ancora oggi, tale John Fitzgerald Kennedy (non a caso un presidente americano, di quell’America che è il manifesto del capitalismo moderno) quando diceva, pomposamente ed enfaticamente (tronfio e cinico come pochi) “non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese.” (che poi è l’esternazione tipica da zio Sam, con tutto il sostrato patriottista e bellicista che ne consegue).

Ma il male è anche banale, come direbbe Sant’Agostino, è una sottrazione, una sottrazione di pensiero, una sottrazione di bene e, come scriveva Hannah Arendt, “chi commette il male non capisce cosa sta facendo a causa della sua inabilità a pensare dal punto di vista di qualcun altro”.

C’è un fatto di cronaca che mi ha molto colpito e che sintetizza bene questo rapporto precario fra bene e male; il neonato morto soffocato per un errore di valutazione di rapporti benefici/danni. Un bambino muore a causa della maldestra applicazione di una misura volta al benessere del bambino, il Rooming in.

Allora riflettiamo sul male in generale, non su un singolo male! Riflettiamo su cosa sia il male, da dove venga, cosa comporti, perché può essere sublime e affascinante, cosa comporti (peccato, sofferenza, catastrofe, olocausto, morte, miseria…) e qui ci possono venire incontro tutti i maggiori pensatori, Kant, Leibniz, Agostino, Haidu, Mircea Eliade, Lyotard, Kristeva etc. etc. Ricordiamoci comunque di distinguere sempre il male come sofferenza dal male come misfatto (chi lo subisce e chi lo fa, e in quale misura e percentuale non si sia in entrambe le posizioni); scriveva Paul Ricoeur: “se il lamento ci vede vittime, il biasimo ci rende colpevoli”, come dire che tutti siamo soggetti del male e soggetti al male all’interno di questa società, così come lo fu Adamo quando colse la mela del peccato, fece del male e subì del male.

In un prossimo articolo mi concentrerò sul “male” che sperimentiamo qui in Italia, male intrinsecamente legato allo “Stato”.

Armando

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