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Patti, la “Cosmogonia” e la Weltanschauung d’accatto.

28 Aprile 2015 Arte Articoli per SenzaPatti Idee e Attualità


Cosmogonia – dal greco κοσμογονία, letteralmente “nascita del cosmo” – e Weltanshauung – direttamente dal tedesco per indicare un termine dal significato intraducibile letteralmente in italiano ma che, in buona sostanza, possiamo ricondurre ad un concetto filosofico sulla “visione del mondo” – sono due prestiti linguisti, distinti ma entrambi di necessità. Tralasciando questa brevissima premessa di linguistica, che solo accidentalmente ci soccorre e non è certamente il tema centrale del presente articolo, passiamo ora alla sostanza dei termini e al perché io li abbia accostati, accomunati ed utilizzati.
Per il primo termine (cosmogonia) l’associazione al tema trattato è intuibile con un minimo sforzo mentale; si tratta del titolo magniloquente che l’architetto bolognese Fabio Fornasari (l’ideatore dei famigerati render grafici del parco della Biodiversità di Expo 2015 ha dato alla sua “applicazione artistica” (per utilizzare l’espressione di un articolo di stampa che ne parlò) che dovrebbe essere collocata in Piazza Mario Sciacca al posto dell’attuale fontana quale primo elemento del progetto “Museo diffuso” elaborato per conto del Comune di Patti dal medesimo architetto nel 2012. Bene, di quest’opera noi conosciamo il disegno, una sorta di “mappa” delle aree di questo eventuale “Museo diffuso”, con al centro un vulcano virtuale (simbolo forse del Caos che in Esiodo rappresentava il pre-essere contrapposto all’essere), poi ancora le “madri” e tante altre belle cosette che secondo il nostro architetto rappresenterebbero le peculiarità del territorio. In sintesi, quest’opera avrebbe l’ambizione di dire “chi siamo” e “da dove veniamo” ai turisti che capitino lì, in una delle piazze principali del paese. Peccato però che l’artefice di questa “idea” non sia né un greco delle polis né un pattese né un filosofo pattese, né un cittadino adottivo di questo paese e, dunque, non possa sapere granché dei “miti di origine” (o di fondazione) della nostra città e delle sue genti (passate o presenti che siano); ed è chiaro che non è sufficiente fermarsi qualche giorno a gironzolare per le campagne di Patti o leggere dei libri nelle sue biblioteche o ancora farsi raccontare degli aneddoti per essere pattese! No, il suo metodo ricorda invece da vicino –ma lui fuori tempo massimo, fuori posto e senza le premesse del caso- quei naturalisti di metà ‘800 o antropologi della prima metà del ‘900 (però pre-Darwin e pre-Levi-Strauss per intenderci). Non voglio tediarvi con concetti quali “civiltà”, “cultura” (cosa significhi e cosa significhi per le varie discipline scientifiche o pseudo tali), “identità” “demologia” e simili, né voglio scomodare illustri signori quali Erodoto, E.B. Tylor, Maclver, Weber, Malinowski etc., però mi sembra di tutta evidenza che questo “ricercatore sul campo” non abbia solo voglia di “osservarci” come “oggetti di studio” ma voglia proprio dire e dirci chi siamo, quali piante abbiamo, quali tradizioni, quali miti, quali cibi etc; in pratica ci sarebbe da sentirsi come delle iguane delle Galapagos o come i Bororo del Brasile o – viaggiando dal passato al futuro – come abitanti poco evoluti di un qualche pianeta dell’Universo di Star Trek alle prese con qualche esploratore della Federazione deciso a violare la prima direttiva. Tuttavia, per fortuna (e l’ultimo esempio di natura cinematografica mi darà lo spunto per ulteriori spiegazioni), sappiamo bene di non essere così sprovveduti e primitivi da non conoscere e da non saper valorizzare agli occhi degli altri ciò che abbiamo intorno, ciò che ci sta dentro (la nostra “cosmogonia” appunto), ciò che produciamo e ciò che mangiamo; sappiamo bene che questo signore ha potuto raccogliere tante belle informazioni e dirsi affascinato dalla nostra terra perché in breve abbiamo saputo (e non per merito di civiltà estinte il cui sapere è tramandato dai libri!) trasmettergliele. Ora che sappiamo di sapere, sappiamo di pensare e, pertanto, sappiamo di essere, la nostra attenzione può tornare a volgersi a lui, a chi sia costui – hum… so che non è una domanda originale e anzi fa molto prete sprovveduto di campagna; ma vi assicuro che è sempre attuale! – a quale ruolo svolga. Ma anche la risposta a queste domande è intuitiva; egli fa il proprio mestiere, ossia progettare cose, immaginare scenari (quanto poi vi sia in tutto ciò di concreto o di fuffa non sta a me dirlo né disporrei delle competenze adeguate per sindacare) e vendere queste cose a qualcuno. A qualcuno! Eccoci al punto! A chi? A Patti! E perché? A cosa può servire mai tale “COSMOGONIA” a Patti? Certo non per le ragioni espresse (una sorta di summa di tutto ciò che il territorio ha da offrire), visto come detto che siamo capaci benissimo di fare tutto ciò da noi stessi. No! I motivi (come per ogni azione) potranno essere svariati ma certamente non quelli espressi. L’identità è nostra, così come la cultura e la civiltà e non è per campanilismo che lo ripeto, ma perché è un dato di fatto e, come assicurano gli esperti, per fare lavori di identità occorrono anni ed anni di lavoro, confronto e tante altre belle robe che qui non abbiamo visto; già verrebbe complicato ad un pattese concepire una summa del proprio microcosmo, figuriamoci ad un non pattese! Il titolo stesso dell’opera è un oltraggio, arrogante, irriverente nei riguardi di una intera popolazione. Ma a qualcuno serviva un guru, chi potesse lasciare un’impronta indelebile non di una determinata società, ma di un potere forse; a qualcuno serviva un mago e non un mago qualsiasi ma il Meraviglioso Mago di Oz, un comune mortale che distogliesse l’attenzione dalla realtà e, con giochetti di prestigio, parole argute e tanta convinzione, operasse vere e proprie magie. Un’icona dunque che però costa soldi veri (10.000 per l’incarico e 40.000 per questa prima opera ci dicono alcune fonti di stampa, anche se a noi – per la serie “viva la trasparenza” -, pur avendo da svariati giorni richiesto al Comune tutta la documentazione del caso, non ci è dato conoscere per intero il progetto “Museo Diffuso” e relativi costi) mentre la gente (anche i precari del Comune ad esempio) magari non percepisce stipendio da mesi. Non voglio neanche fare il classico benaltrista e dire che così facendo si tagliano soldi a cose più importanti o a gente che ha bisogno, per carità, però concedetemi l’impressione dell’inutilità e, viceversa, del danno (soprattutto di natura morale) che si arrecherebbe alla nostra collettività con un’operazione del genere. Nerone (almeno così vuole la tradizione) incendiò Roma con l’intento di lasciare la sua impronta nella ricostruzione… qui, nel nostro piccolo, abbattiamo vecchie fontane per sostituirle con pretese cosmogonie e mappe in ceramica (fatte da chi poi mi chiedo) di qualcosa – Museo Diffuso – che non c’è e, peggio, non si sa se ci sarà mai (o vasche, termine che forse più si addice alla struttura di Piazza Mario Sciacca), rinnoviamo muri di contenimento per appiccicarci la storia patria illustrata sempre in ceramiche o rifacciamo il look ai ponti sui torrenti sempre per appiccicarci ceramiche, ma – potrei anche sbagliarmi, sia bene inteso – l’idea di fondo mi sembra la medesima. Eccoci dunque cari lettori giungere fatalmente al secondo termine che adoperai, Weltanshauung, il cui utilizzo da parte mia adesso dovrebbe disvelarsi con maggiore chiarezza. Weltanshauung d’accatto per dire che con queste “visioni del mondo” calateci dall’alto tramite uno degli innumerevoli maghi di Oz sparsi per lo stivale (alcuni li conosciamo meglio di altri in base alle loro fortune o alle loro “magie”) si tenta di far breccia nel cuore di noi Spaventapasseri e Uomini di latta.
Questo mio primo articolo su Senzapatti non ha uno scopo preciso – anche perché, da quando il Mago di Oz è caduto in disgrazia precipitando rovinosamente con la sua mongolfiera in quel di Milano, sembra che a Patti le operazioni cosmologiche si siano ibernate come per una magia della Strega buona del Sud – ma credo sia in qualche modo utile a presentare l’impostazione generale di questo progetto, di questo giornale. Non è un manifesto, ma voglio chiarire qui, sin da subito, che questo sarà il nostro modo di operare; scavare in ciò che si dà per scontato, proporre punti di vista diversi e poco ordinari, chiavi di lettura insolite per le “solite” cose, andare a ficcare il naso lì dove sembra tutto a posto, dove sembra che si faccia per il bene comune e chissà… magari viene fuori che forse questo bene comune non lo si fa o non lo si fa nei termini creduti o espressi. Sì, non preoccupatevi, vi parleremo anche delle buche nelle strade, dei lampioni mal funzionanti, delle erbacce, dei problemi del centro storico etc… ma lasciatemi e lasciateci dire che ci divertiamo molto di più a portarvi lì dove nessuno in genere scava, lì dove sembrerebbe tutto buono e bello o assodato e trasparente, chiaro e lineare a tal punto da credere che non ci sia niente da dire. Non so gli altri, ma noi (io ed i miei nuovi compagni d’avventura) avremo sempre qualcosa da dire, una “visione” alternativa da proporre e, non spaventatevi neanche in questo caso, che questa “visione” non vi costerà 50.000 euro.
Ardò (Armando Di Carlo)

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