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“Le pietre, le carte e le parole”; fra evocazione di un passato cancellato e progetti futuri.

26 Febbraio 2012 Articoli per Il Gazzettino del Tirreno


Hanno animato il convegno Nicola Calabria, Gloria Faustini e Fabio Fornasari, quest’ultimo in luogo di Nino Lo Iacono ( assente per sopraggiunti impegni ).
Ad aprire i lavori del dibattito è stata la padrona di casa, Gloria Faustini, responsabile del Centro Culturale “Antica Casa Mangiò.
Primo argomento ad essere introdotto dalla Faustini è quello sui bombardamenti che interessarono la Città di Patti dal 9 al 12 Agosto del 1943. Dalle fonti ( libri e documenti ) non risultava che questi bombardamenti avessero prodotto vittime; tuttavia – spiega la Faustini, sono numerose le testimonianze dirette raccolte.
Una delle ipotesi proposte dalla relatrice in merito al silenzio sulle vicende di quei giorni, è che abbia, probabilmente, strette connessioni con le fonti della storia locale.
Invitata senza troppa convinzione a cercare nei registri di morte, la Signora Faustini, con un lavoro di ricerca certosino, riesce a trovare ben 13 sicuri certificati di morte fra il 9 e il 12 Agosto 43, tutti recanti nomi, date di nascita, mestiere e razza ( “ariana” per tutti i tredici casi ), quest’ultimo dato – per quanto possa farci impressione – obbligatorio per i registri di morte di quegli anni.
Nel registro di morte – prosegue Faustini – non c’è la causa di morte, ma un dato certamente rilevante è che queste morti siano avvenute tutte negli stessi giorni alla medesima ora.
In verità sono numerosi i libri e i documenti prodotti su quelle giornate: 1) L’atto dei bombardamenti redatto dal Sindaco dell’epoca, Attilio Cappadona, nominato dal Comando Alleato, nel quale si omette ogni riferimento alle vittime. 2) Michele Mancuso, nel suo romanzo “Una lontananza di anni luce” sostiene che non ci furono vittime. 3) Riccardo Magistri rievocando quei giorni non fa alcune menzione di vittime. 4) Giovanni Sandro Infirri, nella sua relazione sulle vicende di guerra, non fa menzione di vittime.

La Faustini conclude questa prima parte della relazione con una domanda precisa: <<Come si scrive la storia locale? C’è bisogno di ricorrere ad altri elementi oltre alla ricerca negli archivi?>> Chiaro è qui il riferimento alle testimonianze dirette, da lei recuperate tramite interviste ai parenti delle vittime stesse, non senza una punta d’ironia e d’amarezza nei confronti di chi tratta la storia locale in base a dei criteri troppo rigidi. Non a caso cita acluni passi di un’opera – “Il lavoro culturale” – di Luciano Bianciardi in cui si fa riferimento a tre fazioni ( o tipi ) di “studiosi”, quella dei più giovani, quella degli “eruditi” e quella degli “archeologi”, ognuna delle quali arroccata su posizioni diverse e poco conciliabili fra loro.

Parlando delle “pietre”, la Signora Faustini ricorda quanto sia opportuna una maggiore sinergia fra archeologi dilettanti ( i quali molto più spesso possono imbattersi in ritrovamenti, data anche la maggiore conoscenza del territorio e la maggiore possibilità di reperire testimonianze ) e archeologi professionisti ( ai quali spetta il lavoro di studio approfondito dei ritrovamenti ). A tal proposito segnala alcuni argomenti di cui Lo Iacono avrebbe dovuto parlaro; ad esempio i resti lungo il Timeto, da lui ritrovati e attribuiti – nel saggio “Nauloco e Diana Facellina”- al poto in cui si svolse la celebre battaglia fra Augusto e Pompeo.
Per quanto concerne le “carte”, la Faustini esprime tutta la sua amarezza sull’altra grande fonte per la storia locale, quella degli archivi, troppo spesso abbandonati, tenuti male e a grande rischio di manipolazione o, fatto ancora più grave, oggetto di sparizioni di atti, relativamente soprattutto a quegli atti che avrebbero potuto permettere di ricostruire la storia delle varie proprietà.

Conclude con quattro proposte:
1) Prendendo spunto dall’ultima proposta di Michele Spadaro; fare un sito con tutta la bibliografia su Patti.
2) Che il materiale domuntale sia chiaro e accessibile, che si possa cioè agevolmente consultare.
3) Censimento di tutti i beni archeologici, ivi compresi quelli di recentissimo rinvenimento, descrizione e ubicazione dettagliate.
4) Che ci siano delle riunioni periodiche fra tutti quelli che si occupano, a vario titolo, di storia locale, per potersi agevolmente confrontare.

Prende la parola Nicola Calabria, il quale, in riferimento ai bombardamenti del 43, cita alcuni episodi significativi, ad esempio alcuni fatti legati a delle bombe inesplose, per cui l’Esercito chiamò all’opera gli artificieri; fu proprio in uno di questi tentativi di disinnesco che morì un suo avo, Nicolò Calabria, il 2 Ottobre del 1943.
Ricorda, inoltre, come a Sorrentini sia stata posta una lapide per le vittime di guerra, nomi ritrovati attraverso l’archivio militare e grazie all’ausilio e alla collaborazione della locale stazione dei Carabinieri, allora guidata dal Maresciallo Amata. Calabria ribadisce come, anche per la relativa vicinanza temporale degli eventi, dal punto di vista storico l’argomento non sia ancora approfondito e commenta: << Sono anni tutti da scoprire dal punto di vista storico. Tante di quelle cose sembra siano state volutamente dimenticate.>>
Per quanto riguarda le fonti, chiarisce quanto sia necessario imparare a leggere le fonti stesse prima ancora di averle fra le mani e dice: << Sin da ragazzo ho avuto la possibilità di consultare l’archivio storico della Curia; ho incontrato Nunzio Baragona e fu lui ad insegnarmi a leggere i documenti. Si accede ai documenti solo se si sanno leggere, ciò vale non solo per i latini, ma anche per quelli in volgare. L’approccio alle fonti va fatto in una certa maniera. Noi abbiamo la fortuna di vivere in una Città dal patrimonio archivistico eccezionale, un “Museo delle carte”, un patrimonio che, però, non abbiamo mai saputo valorizzare. Dai Normanni in poi, i nostri documenti spaziano dalla pergamena alla carta, ben 50 tipologie diverse di carta. Chi è venuto ha studiato più la storia della Sicilia in generale che non quella di Patti. Serve umiltà prima di tutto; vanno studiate le sinergie fra i documenti e vanno confrontati con quelli provenienti da altre zone. Noi fino ad oggi ci ritroviamo con troppo pochi studi scientifici seri. Restano ancora numerosi aspetti sconosciuti intorno alla prima guerra mondiale, alla seconda guerra mondiale e anche per tutto il peridio dell’800.
Mi sono ritrovato a sentire telefonicamente un professore ( Presidente di Storia del Risorgimento di Cremona ) che lavorava sui fatti di Bronte, perché mi sottoponeva l’opera per la pubblicazione. Ebbene, lui ha trovato un documento in cui si sostiene che Garibaldi non sbarcò a Marsala ( almeno non nel giorno storicamente accreditato ), poiché egli si trovava già a Marsala all’arrivo delle truppe; documento che va certamente studiato. Tutto questo per dire che i documenti mettono spesso in discussione anche certezze da tempo consolidate.
Su Patti, l’interesse documentario sull’epoca Normanna ( da Ambrogio in poi ) è esclusivamente quello che investe gli studi cattolici, cioè quelli più legati al culto. Mancano studi sull’economia, sulla lingua ( prime testimonianze volgari ) e sul sociale. Non abbiamo mai approfondito l’aspetto etnico, non sappiamo se questa Città abbia, ad esempio, origini anche ebraiche. In un documento di una sinagoga egiziana si narra di uno sbarco nella rada di Patti perché lì si faceva una lavorazione di stoffe con manodopera ebraica; persino il nome della nostra Città potrebbe avere origini ebraiche!

Testimonianze preziose ci forniscono anche riviste e giornali d’epoca. Una fonte importante per il periodo che va dal 1896 al 1903 è il giornale “Il Tindari”. Abbiamo poi “L’Eco Elettorale”, nel quale gli argomenti vengono trattati con una modernità sorprendente. C’è poi “La gazzetta popolare”, organo dei massoni. Apprendiamo da essi che a Patti c’era una scuola comica portata avanti da Adelina Vitaliani ( parente di Eleonora Duse ), che lavorò qui il nonno di Enrico Montesani. Apprendiamo ancora che la “belle époque” è stata per Patti un’epoca splendida. Tutto questo non viene fuori dai documenti ma solo dai giornali.
La vicenda di Patti è particolare, ci si è concentrati più sulla cronistoria ( come Erodoto ) che non sulla storia; la storia, lo sappiamo, è una scienza.
Sulla Villa Romana posso dire che noi abbiamo un patrimonio archeologico che doveva essere il biglietto da visita del territorio. Lancio una provocazione ( ed esclusivamente come tale deve essere intesa ): Per l’incuria in cui si trova, meglio sarebbe portare le ruspe e ricoprirla, per salvarla e riportarla alla luce solo quando saremo capaci di prendercene cura.
Abbiamo perso persino l’occasione di riportare a Patti l’Archivio di Stato, tantissimi documenti tra Messina e Palermo che potevano rientrare.
Io ho raccolto oltre quaranta tesi di laurea che parlano di Patti, fra le quali anche la nota tesi di Crisostomo Sciacca. Oltre a queste, esiste una miriade di volumi e volumetti che trattano di Patti sparsi per tutto il territorio italiano. Ho raccolto più di 90 opuscoli che trattano di Patti o scritti da autori pattesi. Esemplare il caso di Padre Nunzio Segreto, il quale, nel 1905, scrive un volume sui seminari ( come erano e come dovevano essere ), testo che secondo le fonti era in forte polemica col Vescovo dell’epoca. Trovato il testo, per puro caso, nelle Marche, con grande sorpresa ho visto nel frontespizio una dedica scritta di pugno da Pio X.
Per quanto concerne le proposte della Signora Faustini, posso dire che stiamo lavorando sull’idea di Spadaro per la realizzazione del sito. Per il Libro Rosso l’idea era quella di mettere il file in PDF creando una biblioteca online. Abbiamo trascritto tutta la traduzione di Baragona avvertendo che per gli studi bisogna consultare l’originale.
Importanti sono le tesi di laurea, specialmente quelle di ingegneria, le quali contengono piani di recupero del centro storico e tanto altro.
Abbiamo un patrimonio eccezionale che va solo valorizzato; Città come Firenze o Urbino, per fare degli esempi, con la cultura creano numerosi posti di lavoro.>>

L’ultimo relatore è Fabio Fornasari, il quale esordisce spiegando il suo lavoro e rievocando gli anni da studente e le teorie allora in voga nell’ambiente universitario, quelle dei libri di testo e quelle dei colleghi.
<<Col lavoro che faccio, mi occupo di contenuti. La prima relazione che feci su Patti era passionale, la seconda più professionale e scientifica.
Gli architetti distruggevano trecce, territorio ecc; negli anni 60 il pensiero predominante era quello dell’azzeramento della storia, in base al principio “è bello fare tabula rasa della storia”.
Per quanto concerne i libri; ad esempio Benevolo diceva che Alberti era un conservatore mentre considerava Brunelleschi un architetto pienamente rinascimentale. Compresi poi che le cose non stavano così.
Uscito da certi schemi, mi sono lanciato a fare tutta una serie di progetti di tipo cartografia IGM ( Istituto Geografico Militare ) sui mulini della valle di Bologna. All’inizio del 900 si faceva un pallino con la rotellina per gli opifici andanti ad acqua. L’esame durò circa quattro mesi e i mulini studiati nella Valle di Bologna furono 150.
Vengo qui e annuso quella cosa che sentivo nella mia Valle. C’è tanto, tutto da tirar fuori, bisogna solo aprirlo. Su questo territorio più vado a grattare più escono cose. A far progetti son bravi tutti, il problema è quello di avere un metodo. Così comincio a costruire la guida per questi territori, “Appunti di viaggio: costruire un museo che sia un’esperienza estetica”. La mostra intesa come un saggio unico.>> Così Fornasari narra della sensazione di costruire contatto fra passato e presente: <<Quando uno tocca un documento lo riporta al presente. L’esperienza va condivisa. Oggi fare cultura vuol dire anche dare accessibilità ai contenuti, non è necessario produrre cose nuove.>>
Ci illustra poi la sua idea di Museo Diffuso e il tempo dedicato allo studio non solo dei luoghi archeologici ma anche delle peculiarità del territorio; i Gelsi, ad esempio, che con la loro presenza raccontano la storia della seta, sugli alberi, sui vulcani etc. Tutti legami per una messa in scena del tempo. Infine, rispondendo ad alcune domande, ci dice che sta lavorando molto sui documenti e come stia lavorando sull’immaginario e su come si produca l’immaginario dai documenti. Sollecitato sull’altro progetto esitente, quello Simonetti, dichiara di voler lavorare in sinergia e non solo con lui. Il Museo che intende creare è dunque legato all’evocazione, fornendo ai visitatori gli stimoli e le giuste coordinate per viaggiare con la mente e far tornare così alla luce un mondo sommerso e dimenticato.

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