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Geografie labili; Piemonte e Sicilia come metafora.

6 Marzo 2016 Articoli per SenzaPatti


Qualche giorno fa, sulla versione telematica della rivista scientifica “Focus”, mi è capitato di leggere un interessante articolo dell’ottimo giornalista scientifico Luigi Bignami circa la scoperta, in Argentina, di una “fotografia” del giurassico.
In un’area della Patagonia argentina, portata alla luce a seguito del fenomeno dell’erosione, è stato scoperto un vero e proprio “giacimento” di fossili risalenti al Giurassico medio e superiore. La particolarità della scoperta non sta solo nella quantità ma, sopratutto, nelle modalità della fossilizzazione di questi organismi, avvenuta in tempi stranamente rapidi.
Bene, questa, in estrema sintesi, la scoperta (in verità avvenuta ben quattro anni prima, ma resa pubblica solo ora). Ciò che però ha destato la mia curiosità, oltre al fatto in sé naturalmente, è la descrizione dell’area fatta dal giornalista.
In premessa si legge infatti: “Su un’area grande oltre due volte il Piemonte sono rimasti “impressi” la vegetazione e gli animali che vivevano lì 150 milioni di anni fa, come se fossero stati fossilizzati in un solo giorno. Una situazione unica sul pianeta.”
Fatti a mente due rapidi calcoli, controllata la notizia su altre riviste internazionali (23.000 square miles) sapendo che l’autore non è piemontese, mi sono chiesto e ho chiesto direttamente alla rivista, in un commento sulla loro pagina Facebook: “Perché due volte il Piemonte? Il Piemonte non è la regione più grande d’Italia, è solo la seconda. Un po’ arbitrario come paragone.”
Devo dire che, con professionalità la redazione di Focus mi ha risposto con estrema celerità, scrivendomi: “Ciao, il paragone veniva bene con il Piemonte. Sì, potevamo anche utilizzare Sicilia. Oppure avremmo potuto scrivere 1 volta e mezza la Svizzera. Nei paragoni si è comunque arbitrari. Non si può fare altrimenti. O no? ;)”
Tuttavia, mi è venuto subito da pensare che né il Piemonte né la Sicilia potessero adeguatamente essere usate come metro di paragone, ma se proprio si deve fare il paragone, verrebbe naturale scegliere fra le regioni a disposizione, quella più estesa di tutte. C’è da dire che in tutte le altre riviste scientifiche non vi è alcun confronto fra territori nell’esporre la medesima notizia e forse siamo sopratutto noi ad avere bisogno di “paragoni” fisici visto che – è un dato di fatto più volte rilevato dagli istituti di statistica e la problematica è stata più volte discussa (qui un esempio) – in matematica non siamo molto ferrati. Tuttavia, ribadisco, ogni scelta, per quanto arbitraria, è dettata da diverse motivazioni ed io ho alcune idee a tal proposito che più avanti porterò alla vostra attenzione.
Occorre ora invece fare una breve digressione e tornare indietro di qualche minuto rispetto alla gradita, seppur non esaustiva (se non proprio sibillina) risposta della redazione; infatti, ancor prima di quella risposta, altri due utenti si affrettano a commentare, il primo che scrive “perché magari due volte la Sicilia era troppo?!” ed il secondo che dice “Siete più razzisti voi che pensate sempre di essere messi in secondo piano che chi effettivamente viene accusato di farlo. Poteva dire 3 volte la valle d Aosta oppure 1 volta il Lazio non andava bene comunque”. Bene, sia il primo che il secondo utente, dimostrano di non andare molto bene né in geografia né in matematica; due volte la Sicilia era troppo? Una volta il Lazio? Il secondo utente, tralasciando i problemi evidenti che ha anche con la lingua italiana, introduce un’interpretazione di tipo discriminatorio fra Nord e Sud che nelle mie intenzioni originarie non era minimamente contemplata. Si dà così il via ad una serie di commenti di questo tenore e – ad esempio – un altro utente si precipita a scrivere “ma se il piemonte è “7”, la sicilia “9” e la regione in questione “14”, dovevano scrivere due sicilie meno un questo? O prendere la regione italiana che più si avvicinasse all’unità di misura? Che maniere di persecuzione avete?!”
Premesso che la superficie del Piemonte è paria a 25.387,07 Km² e la superficie della Sicilia è di 25.832,39 Km², è chiaro che anche il discorso di questo ultimo commentatore non fila.
Ora posso finalmente esplicitare le mie idee circa le motivazioni che muovono i divulgatori (eh già, al plurale, perché questo non è l’unico caso né è isolato, ma quasi una costante nella divulgazione scientifica e scolastica in generale). Al di là delle scarse competenze matematiche degli italiani, persiste una profonda e reciproca ignoranza sia a livello geografico che sociale fra italiani ed italiani. Ho avuto modo di constatare personalmente ciò che sostengo perché, viaggiando di regione in regione mi è capitato di ritrovarmi con persone (giovanissimi, giovani, scolari, laureati e adulti) che non avevano la minima idea di come fosse fatta la Sicilia, alcuni persino ritenendola grande come l’Elba.
In un contesto del genere, è chiaro che proporzioni ed estensioni fisiche possano essere facilmente sovvertite ed è altrettanto chiaro il perché della scelta del Piemomente come metro di paragone; nell’immaginario collettivo il Piemomente rende l’idea di grandezza mentre la Sicilia, semplicemente no, pur essendo fisicamente leggermente più estesa e teoricamente più facile – essendo un’isola- da astrarre per essere utilizzata per tali scopi.
Credo tuttavia che dietro certe scelte (condizionate) ci sia decisamente più di queste semplici evidenze e di queste mie facili osservazioni. Ci sono Regioni e regioni, con determinati, consolidati, rapporti di subordinazione. Noi tutti, settentrionali e meridionali, viviamo quotidianamente immersi entro un immaginario sociale costruito e sedimentato, un immaginario che ha una funzione politica e che crea geografie e geometrie politiche ben determinate, distanti anni luce dalle estensioni fisiche, dalle logiche matematiche e dalla scienze geografiche. All’interno di siffatto immaginario sociale la Sicilia non è grande, è infinitamente piccola e non v’è da sorprendesi se il Piemonte o il Lazio o la Lombardia la scalzino e la spoglino persino della grandezza che natura le ha dato. La più grande isola del Mediterraneo si fa così un puntino perso nel nulla.
Ardò (Armando Di Carlo)

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