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Folklore e Tradizioni Popolari nel Paese di Patti

11 Novembre 2011 cultura e ricerca


Questo breve lavoro sulle “tradizioni popolari” del mio paese parte da un’impostazione che definirei “clementina”, dall’illustre professor Pietro Clemente, che privilegia lo studio delle manifestazioni teatrali, dei riti, dei costumi e dell’alimentazioni dei ceti contadini o comunque più umili della nostra società.
Molte delle tradizioni popolari che saranno da me prese in esame sussistono tutt’ora, anche se alcune in fase di declino, altre sono in disuso ormai da tempo.
E’ proprio da questi presupposti che prendo le mosse per condurre una ricerca coerente e per dare un’impostazione logica a questo mio lavoro, infatti partirò dalle tradizioni ormai in disuso per addentrarmi man mano in quelle ancora in uso, delineando così un percorso che ci consentirà di osservare le lotte sociali e i cambiamenti che il tempo e le lotte stessa hanno portato in questa società.
Vorrei iniziare da una delle cerimonie un tempo più fra le più diffuse non solo a Patti (ME) ma anche nel resto del nostro paese, ovvero la festività di Sant’Antonio Abate che ricorre il 17 Gennaio;
Durante questa festività era in uso, presso contadini e pastori , portare gli animali nella chiesa del Santo per farli benedire. Si hanno testimonianze di questa cerimonia nel territorio pattese fino agli anni 80.
Analoga cerimonia occorre il 22 Maggio in occasione della celebrazione di Santa Rita, con la benedizione delle macchine. Anche questa tradizione ormai è pressoché scomparsa, anche se non è raro trovare immaginette della santa negli autoveicoli dei pattesi.
Una tradizione in via di declino è quella delle confraternite religiose, che a Patti contava ben sette di queste confraternite, le più importanti delle quali erano quelle di Sant’Antonio Abate, dell’Annunziata e quella del Rosario. Queste confraternite rappresentavano i rioni del paese e, di conseguenza, anche i diversi strati sociali, soprattutto “ortolani”, commercianti e artigiani, ai quali, secondo una tradizione originaria della Spagna, venivano affidate le “varette” ( ossia riproduzioni devozionali dei momenti della Passione di Gesù ) che vengono fatte sfilare per il paese durante i “Misteri”.
Altre tradizioni popolari riguardavano la festività dell’Immacolata, durante la quale si organizzavano giochi collettivi come “l’albero della cuccagna” che veniva insaponato con del sapone fatto in casa con “toppe di fichi d’india e cenere”. Durante la stessa giornata le donne preparavano dei dolci tipici, a base di farina, chiamati “spinci”.
Per quanto concerne i rapporti fra proprietari terrieri e mezzadri o lavoratori stagionali, era importante il periodo della “prima vendemmia”, quando i nobili o proprietari inviavano ai lavoratori ( o in alcuni casi consumavano insieme ) la cosiddetta “mostarda”.
Era usanza, durante le esequie e i riti funebri, chiedere alle “opere pie” di mandare le “orfanelle” per pregare, cantare e piangere sia in casa del defunto sia durante il trasporto al cimitero. Queste orfanelle erano solite anche coronare la bara con ghirlande di vario tipo.
Un contratto particolare legava fino alla fine degli anni 70 del 900 i residenti del Corso Matteotti ( anticamente denominato Orti ). Questi territori appartenevano alla locale Curia, che li fittava ai contadini dietro pagamento in base alla quantità di terreno affidato, questo compenso veniva denominato “censo” e poteva variare dalle 15 lire alle 36 lire. L’ultimo pagamento risulta effettuato nel 1978.
Esisteva nel paese di San Giorgio, nel comune di Gioiosa Marea, confinante con Patti, una tonnara; era prassi dei pescatori quella di donare il primo tonno pescato alla chiesa di Sant’Antonio di Padova, una tradizione che affondava le sue radici nell’anno 1200, l’anno in cui il Santo in persona fondò a Patti la sua chiesa.
Allo stesso Santo è attribuito il miracolo della trasformazione di un cappone in pesce fresco durante un banchetto con altri frati.
Una tradizione ancora vitale, sebbene in via di decadenza, è quella degli “Angeli d’oro” durante la festività dell’Annunziata il 25 Marzo. Durante questa cerimonia i bambini, vestiti da angioletti e ricoperti d’oro, sfilano i corteo giungendo in Cattedrale. La tradizione vuole che siano le madri a far sfilare i bambini per una grazia ricevuta, chiedono in prestito l’oro ai familiari e con fili di vari colori ( ad ogni colore corrisponde un nucleo familiare ) cuciono l’oro nella tunica bianca dei bambini.
Una tradizione culinaria ormai estinta riguardava il Sabato Santo, quando venivano sciolte le campane alle undici di mattina. A quell’ora le donne preparavano dei dolci all’uovo.
Un’altra tradizione culinaria riguarda il dolce tipico di Patti, ovvero il “pasticciotto”, un dolce ripieno di carne macinata. Si narra che questo dolce fu portato a Patti dalle suore di clausura provenienti da Palermo. Esse avevano il compito di ospitare i pellegrini che si recavano al santuario, così per rinfrancarli dal lungo viaggio e dalla fame gli preparavano questi “pasticciotti” ripieni di carne.
Varie sono le tradizioni locali ancora vitali riguardanti il culto mariano. Fra i riti più significativi possiamo annoverare quello che si svolge l’ultimo sabato del mese di Maggio, quando l’intera amministrazione comunale, con in testa il Sindaco, si reca al Santuario di Tindari per consegnare le chiavi della città alla Madonna. Questa cerimonia è legata ad una particolare credenza, il cosiddetto “miracolo delle campane” avvenuto nell’anno 1655. Si narra che le campane avvisarono i cittadini di Patti del pericolo dell’arrivo di Ansalone, il quale, se fosse riuscito a mettere piede i città, ne avrebbe ottenuto la proprietà col titolo di principe di Patti. Le campane, poco prima del’arrivo di costui, iniziarono a suonare senza sosta, nonostante la chiesa fosse chiusa, mettendo in allarme la popolazione ed evitando l’ingresso nel territorio demaniale.
Sempre alle campane è legata un’altra antica tradizione e leggenda; si narra infatti che nell’anno 1693, in un giovedì, l’Ave Maria suonò alle cinque e mezza anziché alle 6 come aveva sempre fatto. Al suono dell’Ave Maria i contadini abbandonarono, come da prassi, il proprio lavoro e così fecero anche i sacerdoti che svolgevano le proprie funzioni in Cattedrale. Alle sei in punto ci fu un devastante terremoto che fece crollare gran parte dei luoghi di lavoro dei contadini e la Cattedrale stessa, però non si registrò miracolosamente alcuna vittima grazie all’intervento della Santa e di Maria. Da quell’anno ogni giovedì le campane della Cattedrale suonano l’Ave Maria alle cinque e mezza anziché alle sei.
Ancora una leggenda riguardante le campane; Si racconta che il pirata Barbarossa, in una delle sue famigerate scorribande, rubò le campane della Cattedrale, campane dal suono particolarmente soave, in quanto durante la fusione delle quali la regina Adelasia getto i suoi gioielli nel calderone.
Durante il trasporto in mare di codeste campane, le navi del pirata furono investite da una fortissima tempesta e Barbarossa fu costretto a gettare il carico a mare, proprio nello scoglio a forma di leone che si trova al centro del Golfo di Patti.
Protagonista di un’altra leggenda è la già citata regina Adelasia, la quale, al ritorno da Gerusalemme, pare avesse contratto il morbo della lebbra, così si recò alla fonte dell’ “Acqua Santa”, località che ospitava la casa della Santa patrona, e, lavandosi nella sorgente, guarì miracolosamente.
Una tradizione particolare riguarda invece la Santa patrona del paese, Santa Febronia. Le celebrazioni in suo onore vanno dal 2 Luglio al 5 Luglio. Proprio il 5 Luglio è il giorno dell’arrivo delle prime reliquie della Santa dalla Puglia ( esattamente da Minori, paese con il quale Patti è gemellato ). La tradizione vuole che dalle ore 10 alle ore 11, con qualsiasi condizione climatica, si senta un’arietta fredda, chiamata “buriedda di Santa Febronia”, che appunto la gente ritiene sia dovuta all’arrivo delle reliquie.
Sempre alla Santa patrona è legato l’uso di esporre nei balconi della propria abitazione stendardi bianco-azzurri con al centro l’immagine di Santa Febronia. Celebre è a tal proposito la storiella che riguarda l’arrivo in città di Garibaldi; egli fu stupito nel vedere l’intera città rivestita di stendardi bianco-azzurri, infatti credeva di essersi imbattuto in una trappola tesagli dai Borbone e di essere in un paese fedele ai Borbone stessi, ed ebbe molta paura finché non venne rassicurato con la spiegazione della tradizione religiosa.
Notevole e costante è l’interesse che Patti ha riservato, nel corso della sua storia, alle proprie tradizioni, ai propri rituali e ai mestieri tipici del luogo, in poche parole ai propri beni demoetnoantropologici.
Esempio concreto ne sono le numerose fioriture di musei specifici.
Le sale del Museo Diocesano di Patti, accolte all’interno del Palazzo Vescovile, custodiscono un ricco e prezioso patrimonio, testimone culturale della vita religiosa della comunità nebroidea, proveniente in gran parte dai monasteri, conventi e chiese della Diocesi di Patti.
L’esposizione di oltre 400 opere, appartenenti a periodi storici diversi, presenta una pregiata collezione di oggetti d’arte orafa tra cui primeggiano molteplici candelabri, calici e campanelli, affiancati da splendidi paramenti sacri risalenti ad un periodo che va dal XVI al XVIII sec. Ammirevole e di particolare pregio artistico l’esposizione di antichi libri liturgici, di stemmi vescovili risalenti ad un periodo che va dal XVI al XX sec., di preziosi dipinti su tela del ‘700, e di resti di epigrafi e lapidi in marmo provenienti dalla Cattedrale di Patti.
Ricavato nell’elegante sede dell’ex Convento San Francesco, situato nel cuore del centro storico a Patti, il Museo della ceramica pattese vuole proporsi come luogo di studio e di incontro per quanti vogliono conoscere e approfondire l’antica arte della ceramica, una delle maggiori attrattive dell’artigianato siciliano.
La collezione, di oltre 650 manufatti realizzati tra l’800 ed il ‘900 secondo le antiche tecniche locali di lavorazione dell’argilla, documenta ampiamente la storia della ceramica pattese.
Il Museo, in particolare, accoglie una ricca raccolta di vasi, pentole, piatti e contenitori anticamente destinati all’uso quotidiano.
Particolare interesse per la nostra trattazione riveste il Museo etnografico di Sorentini.
All’interno Mostra permanente di immaginette dedicate alla Madonna Hodighitria e Mostra fotografica permanente dedicata alla necropoli di contrada Monte.
Inaugurato nel 1996 ed ospitato in un ampio salone della Chiesa Madre, il Museo Etnografico di Sorrentini costituisce una significativa iniziativa culturale realizzata dalla comunità locale col nobile intento di valorizzare il proprio patrimonio.
L’ordinamento del museo è articolato in due sezioni:
· la sezione etnografica espone una preziosa raccolta di attrezzi, suppellettili e manufatti, testimoni di arti e tradizioni legati alla cultura agro-pastorale e artigianale del territorio;
· la sezione di arte sacra dedicata ad una pregevole collezione di oggetti provenienti dalla Parrocchia tra i quali primeggiano splendidi paramenti sacri risalenti ad un periodo che va dal ‘500 al ‘700, preziosi candelabri, libri liturgici e statue lignee del ‘600 e del ‘700.
Numerosissimi sono i gruppi folkloristici che si occupano di musica popolare e prendono parte attiva in varie manifestazioni come sagre o sfilate di carnevale.
Numerose sono anche le associazioni che si interessano di tradizioni e cultura popolare.

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